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GEC

Lo storico italiano della caricatura

Chi era Enrico Gianeri

 
Volendo riscoprire i grandi nomi della caricatura, soprattutto italiana, non si può che incominciare da Enrico Gianeri, detto “GEC” acronimo di Gianeri Enrico Cagliari, nato a Firenze nel 1900 e morto a Torino nel 1984.
GEC crebbe a Cagliari, fu avvocato, giornalista, caricaturista e, soprattutto, storico della caricatura.

La sua carriera come disegnatore iniziò molto presto quando, a 19 anni, intraprese diverse collaborazioni come caricaturista e pubblicista per numerose testate, tra le più significative: “il corriere di Sardegna”, “il Pupazzo” e il milanese “la fiamma Verde”.

Trasferitosi a Torino per conseguire la laurea in giurisprudenza, a soli 23 anni venne eletto direttore del “Pasquino” dove rimase fino agli anni 30, anno in cui la rivista venne soppressa a causa della scarsa autoironia del regime fascista con la quale il povero GEC ebbe non pochi problemi.
Arrestato per ben tre volte e costretto a nascondersi, continuò comunque il suo lavoro firmando le sue pubblicazioni sotto pseudonimo e collaborando con diverse riviste; “Il Corriere dei piccoli” è sicuramente la più familiare per noi frequentatori del XXI secolo.
Nel successivo dopoguerra riesuma Il Pascquino che chiuderà definitivamente i battenti nel 1956, permettendo a GEC di dedicarsi prevalentemente alla attività di storico.

Alla sua morte lasciò una ricca collezione, incentrata sulla caricatura, fatta di disegni, libri e periodici illustrati databili dal 1840 al 1980.
La raccolta fu acquistata dall’Archivio Storico di Torino e a tutt’oggi rappresenta una miniera d’oro per gli appassionati del genere, dove già il solo catalogo apre le porte ad un numero infinito di strade verso la caricatura e i suoi autori.
Fra i tesori, lasciati in eredità ai posteri, ci sono due libri particolarmente preziosi:

– “Storia della caricatura”, edito nel 1959 da Omnia Editrice, in cui ripercorre la nascita della caricatura partendo dalle origini dell’uomo e riscoprendola in artisti del passato come Goya, Bosch o i fratelli Carracci;

– “Il Cesare di cartapesta – Mussolini nella caricatura”, un “processo a Mussolini” come lo definisce lo stesso GEC, raccontato attraverso i disegni e gli scritti satirici degli autori dell’epoca.

 


Bibliografia:
Cataloghi Torino, 1995 – “Periodici illustrati di satira, umorismo e caricatura, 1840-1980, raccolti da GEC, Enrico Gianeri” – (Saggi introduttivi a cura di Paola Pallottino e Erik Balzaretti).

L’arte Buffa

Cos’è la Caricatura

(Definendo una definizione)

 

Secondo la versione online di Treccani, la caricatura è definita come ‘ritratto che, senza abolire la rassomiglianza con la persona, ne accentua in modo ridicolo o satirico i tratti caratteristici’.
Definizione corretta ma limitante e poco esaustiva.
Sempre la Treccani la descrive, ancora, come una ‘imitazione maldestra’, quindi l’opera di un inetto? O ancora, più genericamente, una ‘esagerazione di proporzioni, rispetto alla realtà o alla normalità, che susciti un senso di ridicolo.’
Ancora la parola ridicolo!
Come se lo scopo finale della caricatura fosse solo il prendere in giro il soggetto ritratto.
Non mi soddisfa!

Se penso alle caricature di Bruno Prosdocimi, non vedo prese in giro ma ritratti ricchi di stile, dove anche il più orbo degli osservatori può riconoscere le peculiari caratteristiche del soggetto.
Mi reco allora in biblioteca dove trovo:
Storia della caricatura di Enrico Gianeri (GEC).
Secondo GEC, la caricatura nacque molti millenni prima che nascesse un termine per definirla. prima di allora veniva indicata come ‘grottesco’, ‘esagerazione’, ‘pittura di costumi’, ‘simbolo’ o ‘satira’. Il termine Caricatura, così come lo intendiamo oggi oggi fu usato la prima volta da Atanasio Mosini nel 1646, per indicare le teste dei fratelli Carracci, definendole ‘ritrattini carichi’.

Trovo bellissima la definizione ‘pittura di costumi’, cioè la descrizione di un mondo visto e raccontato da uno scrupoloso osservatore.
Il nome stesso dovrebbe essere la miglior definizione esistente: caricatura, ritrattini carichi, quindi enfatici, non necessariamente ridicoli.

Umberto Eco, in Storia della bruttezza, ricorda che ‘non è sempre intesa a denunciare una bruttezza ‘interiore’ bensì a mettere in luce caratteristiche fisiche e intellettuali o comportamenti che rendono il caricaturato amabile e simpatico’.

Stanlio e Ollio
Bruno Prosdocimi – (Figurine Panini)

Ecco, ora ci siamo!
La caricatura non è solo un mezzo per ridicolizzare; non rappresenta solo il brutto e deplorevole ma anche il bello e degno di lode e, nel farlo, non predilige un mezzo rispetto all’altro, la caricatura infatti è disegno, pittura, scultura, scrittura, recitazione, tanto altro.

Gli unici elementi costanti sono l’ironia, la capacità di osservazione e soprattutto l’enfasi.
La si può quindi definire come l’arte dell’esagerazione ironica, della comicità enfatica.
Personalmente, mi piace chiamarla Arte Buffa.

Bibliografia:
Enrico Gianeri – “Storia della caricatura” – edizione Omnia, 1959;
Umberto Eco – “Storia della bruttezza” – edizione Bompiani, 2007.